martedì 6 dicembre 2011

Auto blu: 620.000 diritti inviolabili (evidentemente)

"I forti sacrifici che chiediamo sono temporanei e distribuiti in modo equo. Non esiste alternativa". E fu così che Mario Monti cominciò a mentire: l'alternativa esiste eccome, ma qualcuno non vuole che si sappia tanto in giro. Intanto la manovra incontra subito il favore dei principali partiti con qualche paletto pidiellino sull'Ici (ma sempre più verba volantes). E l’Ici per i beni della Chiesa? “E’ una questione che non ci siamo posti”.

"Manovra dura ma necessaria" - con tutte le sue varianti - sarà il tormentone del Natale 2011. Ancora una volta ci tocca concordare con Tonino e finanche col Botolo Ringhioso, ma fino a un certo punto: qualunque provvedimento, anche equo, non avrebbe superato le barriere del bipartitismo da stadio. Il governo Monti è il male minore. Più che altro possiamo concordare con la società civile (sindacati, Federconsumatori e le varie parti sociali).

Su "Vergognarsi.it" Luca Quagliani riporta un riepilogo degli sprechi della politica nazionale, con particolare riferimento allo scandalo-auto blu: se le sue fonti fossero esatte (cosa che vedremo tra poco) l'Italia ne conterebbe nel complesso oltre 600 mila; tutte le spese conseguenti a questa cifra si aggirerebbero intorno ai 21 mld annui. Ecco, il calcolo è effettivamente esatto se si considerano "auto blu" tutti quei mezzi messi a disposizione dell'amministrazione pubblica di ogni sorta (ho inserito un link di Repubblica, ma vi sono articoli concordi da ogni fronte politico). Le auto blu in dotazione agli specifici parlamentari sono oltre 70 mila, ovvero quanto quelle totali degli interi Stati Uniti, per un costo totale di circa 2 mld. Il numero totale di auto blu è stato pressoché raddoppiato dal 2006.
So, we gotta problem.

Detto ciò, la manovra dello pseudogoverno tocca anche dei punti sacrosanti, al di là di rinunce rituali alla retribuzione del primo ministro (gesto comunque "carino" se non propriamente "bello"): eliminazione delle giunte e riduzione dei consigli comunali; maggiore controllo del pagamento del canone Rai; abbassamento del limite massimo per i pagamenti in contanti da 2500 Euro a 1000 Euro (anche se in questi tempi si poteva fare di più); dotazione del fondo di solidarietà applicabile agli acquisti della prima casa, incrementato di 20 milioni in due anni; rafforzamento dell’Antitrust, e ripristino dell’Inpdap (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica); applicazione di una tantum dell’ 1,5% sui capitali scudati (molto poco, ma meglio di niente). Tutte belle cose.

Ma come si fa a chiedere alla gente l’aumento dell’Iva, l’aliquota Irpef al 46%, l'età pensionabile minima a 62 anni per le donne nel privato e, dal 2018 età pensionabile a 66 anni, senza intaccare il nucleo più denso dello spreco? Ai posteri l'ardua sentenza. Sempre che ce li possiamo permettere i posteri.

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