martedì 1 novembre 2011

Non toccate il finanziamento pubblico


Come sempre accade, e non solo in Italia, si fa sentire la regola del not in my neighborhood, ovvero praticamente "si faccia pure, ma non a casa mia". E' una forma di egoismo istintivo e insito nella razza umana, tanto da caratterizzare pressoché ogni individuo. Questo principio, nel bene o nel male, sta guidando alla rivolta il mondo giornalistico italiano.

Ecco dunque che come il Governo vocifera tagli sostanziali all'editoria, ben 64 direttori di testate giornalistiche si appellano a Napolitano perché fermi questa follia (potete fare una prima deduzione: ci sono almeno 64 giornali che vivono solo di finanziamenti pubblici). Da questa missiva il Presidente della Repubblica trae le seguenti conclusioni:

  • Ho letto la vostra lettera e mi rendo conto dell'importanza degli argomenti che mi avete illustrato in polemica con l'annunciato taglio 'lineare' al fondo per l'editoria. Dunque questi direttori sono colti da ansia per via dei "tagli lineari annunciati". Che non si faranno, aggiungerei.
  • Condivido la preoccupazione per i rischi che ne potrebbero derivare di mortificazione del pluralismo dell'informazione. Ecco, senza dubbio un'Italia privata di Riformista, Avvenire, Unità e quant'altro diventerebbe un Paese assoggettato al pensiero unico dei grandi giornali con grandi editori.
  • E non mancherò di manifestare questo mio punto di vista al governo. Mi sembra giusto, visto che tra le caratteristiche di un Presidente della Repubblica c'è quella di non interferire con l'iter della legge, ma di intervenire alla fine, promulgandola o meno.

Ora fermiamoci un attimo a ragionare: si tratta in tutti questi casi di testate da circa 10 mila copie di tiratura, con una manciata scarsa di lettori (si suppone mamma, papà e zio). Ergo può un pluralismo già di per sé impossibile da risanare, essere danneggiato dalla mancanza di qualche portavoce di curia e di partito? Ma nemmeno di questo dovremmo preoccuparci, ed ecco perché.

Le testate di partito, in quanto tali, possono e forse dovrebbero essere considerate roba del partito. E preso atto dei finanziamenti ai partiti, resi legali in maniera alquanto forzata, equivale forse a uno sforzo disumano per D'Alema & co. sborsare quello che serve e farla finita con l'utilizzare i nostri soldi almeno per i giornali che non leggiamo? Ai posteri l'ardua sentenza. Per quanto riguarda i giornali cattolici vale quanto sopra e anche in modo esponenziale. Dunque non si capisce perché uno dei pochi, se non l'unico, taglio sensato di questa manovra dovrebbe essere osteggiato fino a ricorrere ad alti moniti e rabbie del Colle.

Viene in mente quella famosa intercettazione tra un petulante Lavitola e un Berlusconi sfiancato da troppe richieste, in cui il consigliere d'oltreoceano faceva presente che Tremonti andava richiamato all'ordine, quando si era azzardato a pensare a un taglio dei fondi all'editoria. Non sia mai che il suo giornale abusivo completamente privo di lettori venisse a mancare dei nostri soldi preziosi.

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